La mia idea è di diventare Rothschild. Invito il lettore alla calma e alla serietà. Ripeto, la mia idea è di diventare Rothschild, di diventare, cioè, ricco quanto Rothschild: non semplicemente ricco, ma ricco come Rothschild. Perché, a quale scopo, quali sono le mete che perseguo dirò dopo. Ora dimostrerò soltanto come io sia matematicamente certo di raggiungere il mio scopo.
La cosa è semplicissima: tutto il segreto consiste in queste due parole: tenacia e continuità.
- E’ vecchia la vostra idea, - mi direte: - ogni Vater, ogni padre di famiglia in Germania ripete questo ai suoi figliuoli, ma intanto il vostro Rothschild (cioè, il fu James Rothschild di Parigi, parlo di lui) fu uno solo, mentre i padri di famiglia sono a milioni.
E io risponderei:
- Voi asserite di sapere di che si tratta, e invece non sapete nulla. In un punto soltanto avete ragione: se ho detto che la cosa è « semplicissima », ho dimenticato però d'aggiungere che è anche «la più difficile ». Tutte le religioni e tutte le morali nel mondo si riducono a una sola formula: « Bisogna amare la virtù e fuggire i vizi ». Nulla di più semplice, vi pare? Ebbene, provate dunque se vi riesce di compiere qualche azione virtuosa e di evitare almeno uno dei vostri vizi, provate, ah? Lo stesso avviene in questo caso.
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Ecco perché innumerevoli padri di famiglia nel corso d'innumerevoli secoli hanno potuto ripetere queste due parole meravigliose, in cui si compendia tutto il segreto, e intanto Rothschild è rimasto unico. Non è dunque la stessa cosa e i padri esprimono un pensiero del tutto diverso.
Di tenacia e di continuità hanno, senza dubbio, anche essi sentito parlare, ma per raggiungere la meta da me additatavi non sono necessarie né la tenacia dei padri, nè la loro « continuità ».
La sola parola Vater - e non parlo soltanto dei tedeschi – rivela l'esistenza d'una famiglia, che vive come tutte le altre, in cui spese e obblighi sono identici a quelli degli altri; tutte cose per cui si potrà diventare soltanto un uomo temperato, giammai un Rothschild. Io invece comprendo chiaramente che, diventato un Rothschild, o anche solo desiderando di diventarlo, non al modo dei Voter, ma sul serio, esco per questo solo fatto dalla società umana.
Alcuni anni fa, lessi in un giornale che sul Volga, sopra un battello a vapore, era morto un mendico, che girava sempre vestito di cenci, chiedendo l'elemosina, e che tutti conoscevano. Quando fu morto gli trovarono addosso, cuciti nella camicia, circa tremila rubli in biglietti di banca. Giorni fa lessi ancora di un altro mendico, che girava per le trattorie tendendo la mano. Fu arrestato e gli furono trovati indosso quasi cinquemila rubli. Da questi fatti si possono trarre direttamente due deduzioni: la prima è che la tenacia nell'accattare, sia pure pochi copechi per volta, può dare enormi risultati (in questo caso il tempo non significa nulla); la seconda è che la forma più semplice di risparmio, purché sia continuativa, garantisce matematicamente la riuscita.Eppure esistono non poche persone rispettabili, intelligenti e sobrie, che (per quanto si sforzino disperatamente) non posseggono né i tre, né i cinquemila rubli, pur avendone una terribile voglia. Perché mai? La risposta è evidente: poiché neanche uno di loro, nonostante il desiderio di diventar ricco, lo desidera fino al punto d'abbassarsi a esercitare il mestiere di mendico, se non trova altro modo di far denaro e, quand'anche ci riuscisse, gli mancherebbe la tenacia per riuscire a non sperperare i primi copechi ottenuti comprando un pezzo di pane in più per se e per la sua famiglia. Naturalmente, se si vuole accumulare denaro facendo il mendico, bisogna nutrirsi solo di pane e sale; almeno così io penso. Così fecero certamente i due poveri che ho citato, cioè mangiarono solo pane e vissero quasi all'aperto. Senza dubbio, non avevano però intenzione di diventare dei Rothschild; erano soltanto poveri pezzenti del tipo di Arpagone o dell’avaro Pljuskin; ma qualunque altro sistema di vita adottato allo scopo di diventare un Rothschild, non avrebbe richiesto minor dose di forza di volontà di quella che avevano i due mendichi. Il padre di famiglia non avrà mai tale forza. C'è al mondo una gran differenza di forze, specialmente di forza di volontà. Esiste la temperatura dell'acqua a bollore e quella del ferro incandescente.
Pensate ad esempio a un convento, agli eroismi degli eremiti. Si tratta qui di un sentimento, non di una idea. A che scopo? perché? E’ forse morale o non è, invece, cosa abbietta andare vestito di cenci e mangiare pane nero per tutta la vita, mentre si porta addosso tanto denaro? Di questi problemi si parlerà piu in là; parliamo per ora soltanto della possibilità di raggiungere la meta che mi sono prefissa.
Quando concepii la « mia idea » (che è ancor oggi allo stato incandescente) cominciai a far esperimenti su me stesso: sarei stato io capace di vivere in un convento e di fare l'eremita?
A questo scopo, per tutto il primo mese, mi nutrii soltanto di pane e acqua. Non consumavo più di due libbre e mezzo di pane nero al giorno. Per far ciò, fui costretto a ingannare l'intelligente Nikolaj Semënovic e Mar'ja Ivanovna, che mi voleva un gran bene. Arrecai grande dolore a lei e offesi il delicatissimo Nikolaj Semënovic insistendo perché mi si portasse il pranzo in camera. Ivi facevo senz'altro tabula rasa della minestra, buttandola dalla finestra nelle ortiche o altrove; la carne la buttavo sempre dalla finestra al cane oppure, involtata in una carta, me la mettevo in tasca e la gettavo via in seguito. Siccome a pranzo mi davano meno di due libbre e mezzo di pane, ne compravo un po' di nascosto per conto mio. Per quel mese resistetti, forse soltanto rovinandomi un po' lo stomaco; ma il mese seguente aggiunsi al pane la minestra, e mattina e sera, un bicchiere di tè, e vi assicuro che trascorsi l'anno in perfetta salute e contentezza; moralmente, poi, in una ebbrezza e in una continua estasi segreta.
Finito l'anno, convinto d'essere in grado di sostenere qualsiasi digiuno, ricominciai a mangiare come gli altri, di nuovo pranzando assieme a loro. Non bastandomi questo esperimento, ne feci un secondo: per le mie spese personali, oltre al vitto pagato a Nikolaj Semënovic, m'erano stati assegnati cinque rubli al mese.
Decisi di spenderne soltanto la metà. Fu questa una prova assai più difficile, ma dopo poco più di due anni, al mio arrivo a Pietroburgo, avevo in tasca, oltre agli altri denari, settanta rubli messi da parte unicamente con tale esperimento.
Il risultato di queste due esperienze ebbe per me un'enorme importanza: sapevo ora, in modo positivo, d'esser capace di volere con tale forza, che certamente m'avrebbe permesso di raggiungere la mia meta; in questo, ripeto, consiste tutta la « mia idea »; il resto non sono che sciocchezze.
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